Aveva commosso milioni di persone lo scorso aprile la storia di Malika, ventiduenne di Castelfiorentino sbattuta di casa e rinnegata dai genitori poiché innamorata di una donna. Ci avevano impressionato i toni e le parole della madre la quale al telefono aveva minacciato di morte la figlia ordinandole di non farsi più vedere in quanto per i suoi familiari la giovane era come se fosse deceduta. La procura di Firenze aprì anche un fascicolo, l’ipotesi di reato era violenza privata. Malika intanto riceveva la solidarietà di migliaia di persone, le quali, per aiutarla a costruirsi una vita a Milano, prendere una casetta in affitto e cominciare a cercare un lavoretto per mantenersi, hanno partecipato a due raccolte di fondi che hanno procurato a Malika in tempi record ben 140 mila euro. Farà piacere a tanti, dunque, sapere che Malika sta bene, è a Milano, e – “per sfizio” – con i soldi della beneficenza ha acquistato una automobile di lusso. “Volevo togliermi uno sfizio”, ha dichiarato la ragazza. Malika ha pure un’agente, definita nientepopodimeno che “portavoce” dai giornali. Insomma, l’omosessualità più che creare rogne, come ci raccontano, crea business. E c’è chi sa sfruttare la cosa molto bene, tutta a proprio vantaggio.

Vero, ciascuno è libero di adoperare le proprie risorse come gli pare, ma, quando i soldi ci vengono elargiti e non sono frutto del nostro sudore, sarebbe opportuno utilizzarli con rispetto nei confronti di chi ce li ha dati privandosene e intelligenza, cose che a Malika sono mancate.

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