“Lasciatemi andare” era il titolo de “Il caffè” di Massimo Gramellini sul Corriere della Sera di ieri, corredato della immagine di una ragazzina bionda. La stessa foto era esposta su Repubblica, che ha schierato quattro giornalisti e riservato 4 fogli all’olandesina: “Shock in Olanda, la scelta di Noa, depressa dopo uno stupro ha voluto l’eutanasia a 17 anni”. Pure La Stampa le ha dedicato 3 pagine, 4 se consideriamo la prima, dove si poteva leggere: “Noa, l’eutanasia a diciassette anni dopo la violenza”.
Su Il Messaggero, in basso a sinistra, un’altra istantanea della giovane: “Eutanasia in Olanda, Noa, dopo lo stupro la scelta di morire a diciassette anni”. Sulla vetrina de Il Giornale ancora lei: “Un caso scuote l’Olanda, stuprata da bambina e depressa, Noa, eutanasia choc a 17 anni”. E poi: “Ma come cattolici noi ti chiediamo scusa”. La rassegna stampa continua con Il Giorno, Il Resto del Carlino, La Nazione, che titolavano: “Era giovane e bella, orrore in Olanda: eutanasia per Noa, aveva 17 anni, era depressa”. Non manca Avvenire: “Depressa, 17 anni, fatta morire in Olanda”.
E ancora Il Fatto Quotidiano, sempre sulla prima pagina: “La storia di Noa, violentata da bambina, poi l’anoressia, sceglie di morire in casa. Olanda, suicidio di Stato a 17 anni dopo lo stupro e la depressione”. Il Mattino: “Povera Noa, la ragazza morta due volte. Eutanasia a 17 anni”. La Gazzetta del Mezzogiorno: “Olanda choc: stuprata da piccola, sì all’eutanasia a 17 anni”. Il Dubbio: “Olanda, violentata da bambina. Eutanasia a 17 anni, depressa per lo stupro”. La Verità: “Passo verso l’abisso. Ragazza di 17 anni ottiene l’eutanasia perché depressa”. Ne avremmo ancora ma scegliamo di fermarci qui, stendendo un velo pietoso. Non sulla fanciulla, ma sulle penne che ne hanno riferito.
È stata schiaffata sulle prime di quasi tutti i quotidiani di ieri la fotografia di Noa Pothoven, 17enne olandese che secondo la stampa italiana avrebbe fatto ricorso all’eutanasia, concessale dai giudici, per mettere fine alle sue sofferenze e perire in santa pace, essendo da anni malata di anoressia nervosa a causa dei ripetuti abusi sessuali subiti da piccola. Come un coro di campanellini, o un branco di pecore, i grandi tromboni dell’informazione si sono spesi in racconti strappalacrime senza trascurare di fare la morale a chi consente che un’adolescente si uccida poiché arcistufa di campare pur non trovandosi allo stadio terminale di un morbo che non lascia scampo ed avendo dunque ancora speranza di guarigione oltre che un’esistenza intera davanti a sé.
Prima di vergare nessuno ha sollevato un dubbio, una perplessità, domande spontanee e pure doverose riguardo l’assurda faccenda. No, era più forte l’urgenza di indignarsi, di scandalizzarsi, di dire la propria, di consegnare ai lettori una storia che di certo li avrebbe colpiti. Peccato che essa sia una bufala colossale, una di quelle fake new spacciate per verità che girano sul web e che i giornali, i quali dovrebbero preservare la propria autorevolezza nonché agire come filtro, copiano e incollano senza pensarci su due volte. Insomma, gli stessi colleghi che ci criticano per i nostri titoli provocatori commettono errori ben più gravi: diffondono baggianate dandogli anche molto rilievo. Va da sé che dopo simili scivoloni, allorché si scrivono sermoni contro le balle diffuse a mezzo stampa, si diventa poco credibili.
Noi, invece, che stiamo sulle palle a tanti, perché ciò che più temiamo non sono le conseguenze che comporta il pronunciare la verità per quanto orrida sia bensì la caduta nel soffice baratro del conformismo che ci rende cattive copie gli uni degli altri, non abbiamo spalmato sulla prima pagina la fotografia di Noa, ricorsa all’eutanasia ancora minorenne, dato che riguardo la veridicità della vicenda nutrivamo ragionevoli sospetti. Secondo l’Osservatorio del Ministero della Salute sono più di 3 milioni gli italiani che soffrono di disturbi alimentari.
Nel 2016 anoressia e bulimia hanno fatto 3.240 vittime, tra questi migliaia e migliaia di adolescenti, come Noa, che si sono lasciati morire, trasformandosi in scheletri ambulanti o spaccandosi gli organi interni a causa dei maltrattamenti inflitti al proprio organismo, anche mediante il vomito autoindotto. Eppure noi siamo ciechi davanti a queste esistenze che si spengono, salvo poi dedicare paginate e fiumi di inchiostro ad una fanciulla olandese che sarebbe trapassata con il benestare dello Stato. Non si tratta di eutanasia, né di suicidio assistito. Nessuno ha autorizzato Noa a farla finita né le ha fatto iniezioni letali consegnandola alla dolce morte. La giovane non era che una delle troppo numerose donne affette da disturbi del comportamento alimentare, le quali spirano ogni dì pure in Italia senza suscitare tanto clamore. Nell’indifferenza.
Ieri mattina anche papa Francesco, per non essere da meno, ha voluto dire la sua su Twitter a proposito del caso Pothoven: “L’eutanasia e il suicidio assistito sono una sconfitta per tutti. La risposta a cui siamo chiamati è non abbandonare mai chi soffre, mai arrendersi, ma prendersi cura e amare per ridare speranza”. “È una grande sconfitta dell’intera società, in particolare di quella europea”, ha rimarcato il monsignor Vincenzo Paglia.
Ed è così che le bufale diventano virali.
Articolo pubblicato su Libero il 6 giugno del 2019