Non presero bene, lo scorso marzo, l’obbligo di tapparsi in casa, eppure adesso non hanno nessuna intenzione di lasciare le mura domestiche, le quali rappresentano un perimetro protettivo, una sorta di fortificazione e di baluardo, rispetto ad un mondo esterno che suscita tanta, troppa paura, poiché caratterizzato da incertezza endemica e pericoli invisibili.

Non disponiamo di dati, eppure si stima che nel mondo sia in vertiginoso aumento il numero di coloro che hanno sviluppato la cosiddetta “sindrome della capanna”, o anche “del prigioniero”, la quale determina un attaccamento morboso, addirittura patologico, alla propria abitazione, percepita come unico luogo sicuro in cui appunto rifugiarsi al fine di salvaguardarsi da un ambiente esterno che appare ostile e denso di minacce. L’esposizione continua a notizie relative alla diffusione del contagio, alla pericolosità del virus, alla sua mutazione, che lo renderebbe ancora più trasmissibile, il bollettino quotidiano inerente a contagiati e morti, i toni allarmistici utilizzati da alcuni organi di informazione e, in generale, il bombardamento di notizie di questa tipologia a cui non si riesce a sfuggire costituiscono elementi che favoriscono l’insorgere di questo disturbo, che si accompagna a problematiche del sonno, irascibilità e talvolta depressione. Ecco perché gli esperti suggeriscono di limitare la sovraesposizione mediatica, invitando coloro che sono affetti dalla sindrome della capanna a dedicarsi ad attività rilassanti quali il giardinaggio, la lettura, la cura degli animali domestici. Raccomandata è altresì l’evasione dall’isolamento mediante telefonate ad amici e parenti nonché appuntamenti con gli stessi, sempre osservando le misure profilattiche fondamentali, quali lavaggio della mani, uso della mascherina e distanziamento.

Il soggetto che ne soffre ricorre ad ogni genere di scusa pur di non uscire di casa, evita di incontrare persino i familiari, mosso dal timore di poterli infettare o di poterne essere a sua volta infettato, elimina ogni tipo di contatto con l’esterno e rifiuta categoricamente di aprire l’uscio a chicchessia. Egli in tal modo si pone al riparo dal coronavirus, eppure precipita in una spirale di solitudine e terrore non meno insidiosa del Covid-19, nella quale potrebbe restare intrappolato persino dopo la fine della emergenza e che inevitabilmente inficia la vita professionale e sociale.

Le conferenze stampa notturne del presidente del Consiglio di certo non rassicurano milioni di italiani che si ritrovano da mesi braccati da angosce e ossessioni fino a poco tempo fa sconosciute. A tutto ciò si aggiunga la crisi economica, destinata ad aggravarsi, che contribuisce a rendere nebulose le prospettive sul prossimo futuro il quale risulta sinistro. Ed ecco che la propria dimora si trasforma in guscio, ci si aggrappa ad essa come ad un’ancora di salvezza. Il pensiero di abbandonarla, pure soltanto per poche ore, fa tremare la terra sotto i piedi: ogni sicurezza pare frantumarsi. Nel proprio appartamento dunque ci si rinchiude. E non è un caso che in questi mesi, nonostante la tendenza alla contrazione dei consumi derivante dall’esigenza di risparmiare in vista del domani poco roseo, siano lievitate le spese per la casa, volte a rendere il più confortevole possibile gli spazi domestici, dove trascorriamo oramai gran parte del nostro tempo. È insomma la rivincita degli immobili, che prima venivano adoperati quasi soltanto per dormire. L’esistenza si svolgeva al di fuori.

Un altro dato significativo riguarda la maggiore propensione, soprattutto manifestata dai single e nelle grandi città, ad acquistare casa. Una ricerca condotta dall’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa ha analizzato acquisti e locazioni realizzati da individui singoli nel primo semestre del 2020 mettendo in luce che il 67,6% ha comprato, mentre il 32,4% ha scelto l’affitto. Rispetto allo scorso anno c’è stato un incremento della percentuale di persone non accoppiate (celibi, nubili, separati, vedovi) che hanno optato per l’acquisto (dal 62,7% del 2019 al 67,6% di quest’anno).

Insomma, la casa è diventato il bene più ambito in seguito alla esplosione della pandemia, che con la conseguente quarantena ci ha fatto riscoprire il valore, non solo economico, del nido. Quest’ultimo deve essere e restare un posto felice in cui rilassarci, stare in compagnia di coloro che amiamo, coltivare affetti e passioni, accogliere fidati amici. E perché tale rimanga occorre liberarsi del timore di ciò che si trova al di là del portone di ingresso. In fondo, il sommo piacere non consiste tanto nel permanere in casa quanto nel rincasare stanchi ed esausti di vita.

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