Vietato toccarsi. Il coronavirus in pochi giorni ha mutato le nostre abitudini ed i nostri comportamenti, inducendoci innanzitutto a prendere le distanze tra noi e gli altri. Mica facile per gli italiani che notoriamente sono un popolo espansivo e caloroso, se non addirittura focoso. Per noi il contatto fisico è vitale. Baci e abbracci vengono dispensati persino a coloro che abbiamo appena conosciuto, e questo accade soprattutto nel Meridione. Infatti, se il virus made in China avesse esordito laggiù anziché nel Settentrione, c’è da credere che il contagio si sarebbe esteso a macchia d’olio e sarebbe diventato incontenibile a causa del nostro uso di indugiare nei salamelecchi. Per ragioni di salute pubblica (nonché per il bisogno di salvaguardare la propria pellaccia) eccoci qui, costretti a mettere da parte pure la comune e più professionale, quasi asettica, stretta di mano.

La porgiamo per salutare, per presentarci, per congratularci, per suggellare un patto, ma adesso tendere la mano a chi ci sta davanti è vivamente sconsigliato, pure oltre frontiera. Non ci resterà che impegnare i muscoli del viso in un sorriso cordiale o magari piegare un pochino la colonna vertebrale per simulare un appena accennato inchino. Qualunque gesto che non implichi invasioni di campo e strofinamenti è ammesso, o tollerato.

Se oggi noi consideriamo la stretta di mano meno intima rispetto al bacio sulla guancia, ritenuto più confidenziale, non era così nell’Antica Roma, dove essa era riservata ai familiari o agli amici più cari, mentre tra conoscenti ed estranei ci si salutava scambiandosi un bacetto. È nell’alto Medioevo che l’usanza di stringersi la mano incontrandosi si diffonde ed assume un significato preciso: questo atto esprimeva fiducia nei confronti dell’altro e, allo stesso tempo, era un modo per comunicargli: “Ti puoi fidare di me”. Infatti, mettendo la propria mano destra nella mano destra di un altro individuo diventava impossibile per entrambi sfoderare la spada, di cui gli uomini medievali erano quasi sempre muniti.

Oggi ognuno di noi dispensa almeno 15 mila strette di mano nel corso della sua esistenza, chiedendosi se la sua presa non sia stata troppo morbida, o magari troppo vigorosa, troppo lunga, o forse troppo breve. E arrovellandosi il cervello per tentare di intuire cosa avrà pensato l’altro, poiché la maniera in cui compiamo questo gesto è reputato un bigliettino da visita, che può dirla lunga su di noi nonché su l’altra persona. Del resto, a nessuno piace dare la mano e ritrovarsela stritolata e rotta né, di contro, è piacevole una presa molliccia o toccare palmi sudati e scivolosi.

Questi piccoli incidenti fanno sì che il 20% di noi – e non soltanto i maniaci compulsivi dell’igiene – non gradisca affatto codesta maniera di introdursi o di congedarsi. E a questa categoria di insofferenti non dispiacerà affatto che la stretta di mano sia per il momento sospesa, grazie al coronavirus, che di danni ne sta producendo e anche tanti ma che almeno ci ha dispensati dall’obbligo di sottoporci a tale cerimoniale. A cui sembra essere allergico persino papa Francesco, il quale allorché fu afferrato in piazza dalla fedele cinese, che voleva assolutamente catturare l’attenzione del pontefice e stringerne la mano, le schiaffeggiò ripetutamente i dorsi delle mani, mentre ella lo guardava sbigottita.

Ma qual è la stretta di mano capace di colpire l’interlocutore facendoci fare un’ottima impressione? Innanzitutto è bene mantenere il contatto visivo in queste occasioni, lo sguardo non deve sfuggire al soffitto né al pavimento, poi occorre tenere a mente che non dobbiamo triturare le falangi al poveretto che si presenta, il quale auspica senza dubbio che l’arto gli venga restituito illeso. Tuttavia, pure la presa soft potrebbe condannarci ad una figuraccia, in quanto considerata indicatore di insicurezza e scarsa personalità, al pari del palmo umidiccio, prova di emotività incontenibile. Non dilungatevi: insomma, non sequestrate la mano dell’altro per più di due-tre secondi, siamo certi che questi apprezzerà.

Ovviamente, per ora astenetevi dal compiere questo tipo di saluto. Vi garantiamo che, lungi dall’essere visto quale indefesso cafone, chi non stringe la mano oggi è addirittura benedetto. Perché, di questi tempi, non si sa mai.

Articolo pubblicato su Libero il 3 marzo del 2020

libro ali di burro

Il primo libro di Azzurra Barbuto
A 10 anni dalla prima edizione, la seconda è ora disponibile su Amazon in tutte le versioni

Acquistalo su Amazon