Non per tutte le mamme i figli sono pezzi di cuore. Ci sono donne che – senza farsi scrupoli di sorta – utilizzano le loro creature come fossero strumenti di ricatto, al fine di esercitare su ex mariti o ex compagni una pressione psicologica tesa ad ottenere benefici materiali o a soddisfare il proprio desiderio di vendetta nei confronti di colui che non le ha sapute amare o le ha lasciate.
Subiscono questo tipo di coercizione, le cui conseguenze sono persino invalidanti e possono condurre al suicidio, centinaia di migliaia di uomini in Italia. Eppure questa emergenza sembra non interessare a nessuno poiché si sono imposti gli stereotipi del maschio cattivo, da un lato, e della femmina sempre e soltanto vittima, dall’altro. Tuttavia, la violenza non ha genere.
“Solo nel 2016 si stima che siano stati 200 i suicidi di padri separati nel nostro Paese, mille in tutta Europa”, dichiara l’avvocato Walter Buscema, presidente dell’associazione Nessuno Tocchi Papà, che annualmente raccoglie sfoghi e richieste di informazioni e sostegno da parte di un milione di persone.
In Italia ci sono 4 milioni di padri separati, di cui oltre 800 mila si trovano a fare i conti con problematiche economiche conseguenti alla separazione e con difficoltà a incontrare i figli. “C’è un sommerso di sofferenza, ma soprattutto manca la consapevolezza di quanto sia penosa la situazione dei papà, aggravata dalla crisi economica. Si tratta di una vera e propria tragedia sociale”, continua Buscema.
Lo confermano anche i dati dell’ultimo rapporto della Caritas sulla povertà nel Bel Paese, che tra le cause che conducono a vivere in strada evidenzia anche separazioni e divorzi ed in base al quale il 46% dei padri separati vive in gravi condizioni di indigenza. In seguito alla fine della convivenza, infatti, è quasi sempre l’uomo a dovere lasciare la casa coniugale, continuando sovente a pagarne il mutuo o l’affitto e dovendo altresì trovarsi un tetto, a ciò si aggiunge l’allontanamento traumatico dai propri piccoli.
“L’affido condiviso è un provvedimento rimasto sulla carta. Di fatto nelle sentenze dei giudici il padre viene ridotto a genitore di serie B”, spiega Buscema, che nel 2014 ha fondato l’associazione che presiede, allorché, sgretolatosi il suo matrimonio, si è reso conto che “la legge non tutela il diritto del bimbo di crescere con entrambi i genitori” e che ciò comporta “ripercussioni di carattere fisico e psicologico che si manifestano sia nell’adulto che nel minore”.
Dello stesso avviso è Tiziana Franchi, presidente nazionale dell’associazione Padri Separati, che sottolinea l’impossibilità di rivestire il ruolo di genitore allorché a un individuo è concesso di vedere la prole una volta alla settimana o al mese.
“Il diritto del padre di trascorrere del tempo con i propri bambini non deve essere elemosinato né si può pretendere che l’unica funzione deputata al maschio sia quella di sborsare denaro. Abbiamo creato un esercito di papà soli, poveri ed emarginati. Hanno un lavoro, ma sono costretti a recarsi alla Caritas per poter mangiare poiché non riescono a provvedere a tutte le spese che raddoppiano con la scissione del nucleo familiare”, illustra Franchi, secondo la quale il crescente aumento dell’indice di aggressività delle donne verso gli uomini è sottovalutato dal momento che siamo abituati a considerare le signore sempre e soltanto come sesso debole rispetto a coniugi e compagni dominanti e pericolosi.
Si tratta di una visione miope della realtà che penalizza il genere maschile. A giudizio di Franchi la conseguenza peggiore di questa impostazione demolitrice del padre è patita dai figli, che vengono privati nel corso della crescita non solo della presenza fisica ma anche del ruolo educativo e formativo del babbo, che cessa di essere un punto di riferimento diventando un estraneo, o un nemico da evitare, sulla base dei viziati racconti materni. “Si tratta di figli che diventano orfani di padri viventi”, osserva Franchi.
Restituisce speranza ai papà italiani il disegno di legge del senatore leghista Pillon, che introduce e sancisce i principi cardine della bigenitorialità perfetta e del mantenimento diretto, in base ai quali in caso di separazione le spese nonché il tempo passato con la prole devono essere equamente divisi tra le figure paritetiche di padre e madre.
Tuttavia “contro il ddl Pillon si sta facendo una massiccia campagna diffamatoria ad opera di gruppi femministi, perché- sebbene nessuno abbia il coraggio di dirlo – intorno ai bambini ci sono interessi economici notevoli”, afferma Buscema. “Sarebbe inaccettabile cedere ai ricatti di chi, tra partiti ed associazioni, pensa solo alle mamme, discriminando i papà con rivendicazioni strumentali e anacronistiche”, dichiara Ivano Giacomelli, segretario generale dell’associazione CODICI, il quale ritiene che in Italia l’affido condiviso sia stato nei fatti “abrogato dalla magistratura”.
“Il ddl Pillon costituisce una svolta necessaria e dovrebbe riportare equilibrio in una situazione di evidente disparità dato che nel 97% dei casi i minori vengono collocati presso la madre riducendo il padre, a causa dell’atteggiamento non collaborativo di alcune ex, a svolgere la mera funzione di bancomat”, sostiene Giacomelli, che ci legge una delle decine di lettere che quotidianamente riceve da parte di genitori disperati in quanto viene negata loro la possibilità di abbracciare i propri piccoli.
Papà che sovente sviluppano la sindrome da alienazione parentale (Pas), una vera patologia (che nell’80% dei casi coinvolge come vittime i babbi e nel 20% le mamme) che conduce alla depressione e talvolta alla scelta di togliersi la vita il genitore a cui non viene riconosciuto il sacrosanto diritto di relazionarsi al suo bambino.
Articolo pubblicato su Libero il 27 novembre del 2018