Gesù Cristo nacque da una vergine, le sei Vestali di Roma, selezionate fin da bambine tra le famiglie patrizie per servire la dea del focolare Vesta, erano rigorosamente vergini, la sospettata perdita di questa condizione veniva punita in maniera atroce: seppellendo viva colei che non era più reputata casta. Da sempre la verginità è sinonimo di purezza, dunque essa è stata trasformata in un valore che a sua volta servirebbe per misurare il valore di una donna. Accade tuttora, persino sul nostro territorio, ad esempio in quei paesini del Mezzogiorno dove sopravvive l’usanza di esporre al pubblico le lenzuola su cui è stata consumata la prima notte di nozze sporche di sangue. A farlo è la madre dello sposo che comunica in tal modo alla comunità che il figlio ha preso in moglie una fanciulla perbene, la quale merita perciò rispetto. E se il sangue non c’è, basta provvedere in qualche modo.

Gli islamici, invece, si assicurano l’illibatezza delle ragazze mutilandole nelle parti intime, tagliandole e ricucendole da bambine come fossero bambole di pezza. Al marito il compito, anzi l’onore, di spacchettarle, provocando in chi abbia subito l’infibulazione dolori terribili.

La verginità è sopravvalutata forse. O probabilmente lo era, dato che vergini di ambo i sessi sono sempre più scarsi. E sempre più di frequente l’immacolatezza fisica rappresenta qualcosa di cui liberarsi, anche perché il piacere sessuale richiede rodaggio ed esperienza nonché la conoscenza del proprio corpo, elementi che si acquisiscono con il tempo e non “la prima volta”, che sovente risulta sgradevole, qualcosa più da dimenticare che da ricordare vita natural durante. Concorderebbero su questo punto sia il signore di Firenze Lorenzo il Magnifico, il quale scrisse “Verginità, stato di disgrazia”, sia l’attrice francese Catherine Deneuve, che esclamò “Verginità, o che sciagura!”.

La verginità, parliamoci chiaro, è una di quelle cose che se perdi sei fottuto, e non solo in senso letterale. Nessuno potrà restituirtela mai più. Non che sia un problema, intendiamoci. Ma per qualcuno evidentemente diviene un vero e proprio dramma. Ed è per “peccatrici” pentite che è stato inventato un kit per riconquistare la verginità gettata alle ortiche, composto da due imeni artificiali, pinzette di plastica, due capsule di sangue, pacchetto che consente di tornare ad essere integre senza operazioni, senza aghi, senza anestesia, senza farmaci, senza sofferenza. Così si legge sulla confezione. Amazon propone il kit al costo di euro 113,99. Se il prezzo appare eccessivo per una verginità tutto sommato surrogata, ci si può orientare soltanto sull’imene artificiale: 2 pezzi euro 48.99. Questa roba va inserita laggiù “almeno 2 ore e 15 minuti prima dell’attività sessuale”. Non si tratta di prodotti usa e getta, infatti nel foglietto illustrativo viene specificato che l’imene si asciuga e si conserva, durerà 12 mesi. Insomma, si potrà ritornare ad essere vergini persino ogni giorno.

Qualche mese addietro divampò una polemica in India quando sul web cominciò ad essere disponibile questo tipo di merce. Il sito che la proponeva fu accusato di sostenere e incoraggiare usi primitivi, legati ad una cultura maschilista in base alla quale lei sarebbe obbligata a compiacere lui e a conservarsi illibata per essere accettata dall’uomo e dalla società intera. In India la verginità seguita ad essere determinante: i familiari dello sposo si assicurano dopo la prima notte che la sposa fosse “pura”. In caso negativo, costei rischia grosso: sarà ritenuta una nullità sociale, emarginata, maltrattata. Ecco perché le pillole per il recupero della castità sono state incriminate di favorire tale mentalità. Del resto, se una signora occidentale decide di acquistare questo tipo di kit per ingannare un suo amante, è una sciocca che finge di essere ciò che non è basando una relazione sulla menzogna, infausto presupposto. Se una signora asiatica o africana lo compera, invece, è per salvarsi la reputazione o addirittura la pelle, in quanto in certi luoghi del pianeta la verginità costituisce tuttora uno strumento per mantenere l’assoluto diritto all’esclusivo possesso di una donna.

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