Ogni pomeriggio Francesco dalle porte di Milano raggiunge il centro per bere il tè con il suo più caro amico, Andrea, un pappagallo multicolorato di undici anni. Non è difficile incontrarli sulla linea metropolitana rossa. Andrea se ne sta appollaiato sulla spalla o sulla gamba di Francesco e si guarda intorno curioso. “Adora passeggiare e ogni mattina, quando mi sveglio, lo trovo già piazzato davanti all’uscio, impaziente di fare un giretto”, ci dice l’uomo sorridendo.
Allorché qualche bimbo si avvicina al volatile per porgergli una timida carezza sulla testolina, esso si scansa stizzito. Ci coglie il sospetto che l’uccello sia uno stronzo, e ci fa ancora più simpatia.
Di sicuro ha il suo bel caratterino. Eppure non ignora le buone maniere. Si presenta a chiunque porgendo la zampina e pronunciando cortesi saluti. Andrea e Francesco vivono insieme dal principio del 2010. Fu Pietro Antonio Colazzo ad affidare alle cure di Francesco la bestiola: “Devo andare in missione, ti lascio Andrew, ti farà compagnia”.
Pietro, che era uno 007 italiano sotto le mentite spoglie del medico, restò vittima di un attentato terroristico pochi giorni dopo a Kabul, in Afghanistan, presso l’hotel Park Residence Guesthouse. Fu Colazzo quel dì a salvare la vita ad altri quattro agenti del Bel Paese, coprendone coraggiosamente la fuga. Che dolore per Francesco apprendere la scomparsa di Pietro! Davanti ad una bollente tazza di tè alla menta, Francesco mi parla del suo amico ed il suo sguardo è commosso. Tuttavia, egli si guarda bene dal mostrare le proprie emozioni, sembra quasi addestrato a nasconderle. Persino a se stesso.
Dal 2013 è costretto su una sedia a rotelle, inoltre ha perso la vista da un occhio e l’udito da un orecchio, a causa di un incidente avvenuto in Iraq, quando lavorava in qualità di funzionario governativo. L’automobile semiblindata su cui viaggiava insieme ad altre persone è passata su una mina anticarro. A sopravvivere furono soltanto in due. Il che fu un vero e proprio miracolo. Francesco trascorse 6 mesi ricoverato in un ospedale militare iracheno. “Mi dovettero cucire il piede, che era spappolato, con le graffette metalliche. Fu un dolore atroce”, ci spiega l’ufficiale, già allora pluridecorato, mostrandoci le fotografie.
Mai visto nulla di simile. Nonostante massicce dosi di morfina, il patimento era acuto e incessante, ed ancora più insopportabile di notte. “Il mio unico sollievo fu rivedere Andrea dopo 6 lunghi mesi. Quando entrai a casa, mi venne incontro gioioso, come se mi avesse atteso con impazienza”. Mentre chiacchieriamo, un piccione fa capolino dall’entrata del locale, colpito da quello strano uccellaccio verde che se ne sta fermo sul ginocchio di Francesco. Andrea non fa una piega.
E non sembra interessato a socializzare con l’intruso, che intanto cerca un modo per farsi notare. Andrea sbadiglia. Si stira l’ala destra, poi quella sinistra, poi urla: “Papà, papà”. “È in cerca di attenzioni. Si sta sentendo poco considerato”, afferma l’uomo ridendo. Andrea è quasi come un figlio per lui, lo accudisce con lo stesso amore di un padre. È un’amicizia speciale, di sicuro insolita, eppure vera. Il pappagallo condivide tutto con Francesco, persino pranzo e cena. “È un amante degli spaghetti e pure delle tagliatelle”, ci rivela quest’ultimo. Insomma, nonostante la provenienza esotica, Andrea predilige la cucina nostrana.
Giunta la sera, i due rincasano nel loro appartamento ed è lì che Francesco conserva, appese ad una parete a prendere polvere, le medaglie che lo Stato italiano, che egli ha servito per decenni, gli ha riconosciuto. Qualche volta le fissa e si domanda se abbia avuto senso dare il sangue, la vista, l’udito, le gambe, per un Paese che forse non merita. Ma è un pensiero che l’uomo scaccia subito via, ricacciandolo nei meandri dell’anima, lì da dove è venuto. Ha senso finire su una sedia a rotelle per la patria? “Ha senso oggi più che mai, poiché è quando i valori sbiadiscono che bisogna difenderli con più forza”. Mi rendo conto di essere al cospetto di un vero e proprio eroe e sono abbagliata dalla grandezza di quel signore dagli occhi azzurri. Tuttavia, non si accorge di ciò la gente che ogni giorno lo incrocia per strada. Essa non ha idea del fatto che quel bizzarro individuo che se ne va in giro con un macao sulla spalla sia un guerriero, pronto a morire per ciò in cui crede. E non è consapevole neppure egli stesso: “Sono un semplice essere umano che nella sua esistenza non ha compiuto niente di più di ciò che era chiamato a compiere e non rimpiange niente. Non è un eroe chi fa il proprio dovere”.
Attualmente l’Italia è impegnata in 35 missioni internazionali in 22 Paesi, tra cui Afghanistan ed Iraq, per un totale di circa 5.700 unità di personale impiegato.
Se pensate che le guerre siano cose lontane, sappiate che i nostri soldati nonché funzionari di ogni rango laggiù continuano a rischiare quotidianamente la vita.