Sono considerati animali robusti, quasi indistruttibili, a causa della spessa corazza che li avvolge, ma che non può difenderli dal predatore più crudele che esista in natura: l’uomo. Eppure, secondo una ricerca pubblicata sul Journal of Experimental Biology e condotta qualche anno fa dai biologi Elwood e Barry Magee, dell’irlandese Queen’s School of Biological Sciences, i crostacei provano dolore e mostrano anche consapevolezza del pericolo.

Dunque anch’essi hanno un cuoricino tenero e sensibile, che tuttavia resiste alle diverse condizioni di stress a cui i crostacei vengono sottoposti dal momento della cattura, quando vengono costretti in gabbie e manipolati, al trasporto via mare o per via area, quando subiscono uno sbalzo termico repentino e l’esposizione ai rumori e alla luce, fino allo scarico a terra, al confezionamento e alla spedizione stipati dentro scatole di cartone.

Arrivati a destinazione, presso il mercato o il punto vendita, vengono esposti sul ghiaccio, di nuovo manipolati, per poi essere trasportati presso il domicilio del consumatore o presso il ristorante, dove vengono immersi in vasca, spesso con le chele legate, o conservati in frigorifero, o ancora esposti in vetrina su un letto di ghiaccio, a bassissime temperature, a cui i crostacei non sono affatto abituati, provenendo da acqua calde.

E giacciono lì, in vetrina, a digiuno fin dal momento della cattura, davanti agli occhi curiosi o golosi dei clienti che, passando accanto all’espositore ghiacciaia mentre si recano al proprio tavolo, gettano uno sguardo distratto su quello che tra una ventina di minuti diventerà il loro lauto pasto, ossia le aragostine vive (ancora per poco) che, impaurite e sofferenti, muovono le zampine, in cerca di aiuto, e gli occhietti neri, tentando di orientarsi, di scorgere una via d’uscita attraverso la quale mettersi in salvo.

Chissà se sanno di essere al capolinea?! Di sicuro, il fatto di ritrovarsi su quel giaciglio di ghiaccio tra i pesci morti che le circondano, non fa presagire loro nulla di buono. Ma forse il peggio di questa via crucis, percorsa a stento step by step, deve ancora venire.

La coppia al tavolo, per suggellare questo primo appuntamento, decide di sacrificare la vita dell’aragostina appena incrociata nel corridoio che conduce alla sala, la stessa che ha affrontato un lunghissimo viaggio per arrivare fino a lì, vedendo le sue compagne morire accanto a lei durante il trasporto.  Il cameriere è felice di correre presso la ghiacciaia. Solerte, egli afferra un grande piatto bianco ed ovale, lo poggia sul bancone, allunga il braccio destro per agguantare l’aragosta, che si sente all’improvviso strappata via dalle altre sue due compagne da un gigante che la sovrasta e che la guarda soddisfatto.

Lei si fa piccola piccola, disperata scuote le zampine, chiede aiuto, vuole che il gigante le liberi almeno le chele, ormai intorpidite e doloranti. Gliele porge, ma il gigante la ignora. Per un attimo spera che quella stessa mano che l’ha acchiappata, la rimetta nel suo habitat, nelle sue acque piacevoli. Ma viene scaraventata sul piatto bianco e condotta solennemente verso il tavolo dove l’uomo e la donna sorseggiano il loro vino, in attesa del pasto.

“Ecco a voi la vostra bella aragosta! Bella viva! Freschissima. Vi piace?”, afferma con un sorriso il cameriere. L’uomo e la donna sorridono e fanno un cenno di assenso con la testa. Il cameriere si allontana, poggia il piatto su un tavolo vuoto, e corre nell’altra sala, forse per altre ordinazioni. Non so perché l’aragostina venga lasciata lì, abbandonata tutta sola, in attesa di morire. Ma ogni volta che qualcuno le passa accanto, sembra che lo stia chiamando per chiedergli aiuto.

Si agita, scuote di più le zampine, muove gli occhietti. Ma restano tutti indifferenti. Nessuno in quella grande sala, tra chiacchiere e sorrisi, turbinio di voci e di risate, si accorge che un esserino sta implorando salvezza. Come siamo maldestri e distratti noi esseri umani! Non ci accorgiamo né di ciò che ci sta sotto né di ciò che ci sovrasta.

Alla fine, il gigante ritorna. Prende il piatto e lo porta in cucina. Lì altre mani afferreranno la piccolina, che finalmente in acque più calde tornerà. Caldissime, anzi bollenti.

Il vapore sale dalla pentola e invade la cucina, l’aragosta viene messa a testa in giù, il vapore le annebbia la vista, adesso però il caldo è troppo. Ma è un attimo. La piccolina viene schiaffata dentro la pentola, si dimena, emette un suono che sembra un urlo lungo e terribile, il cuoco la sigilla con il coperchio. Ed esclama ridendo: “Questa stronza proprio non voleva morire!”.

Rosso fiammante, il crostaceo viene adagiato, stavolta con cura, sullo stesso piatto bianco ed ovale e condotto in sala, dove la coppia affamata lo divora, lasciando su quella porcellana solo la sua corazza durissima, che non lo ha potuto difendere dal predatore più crudele che esista in natura: l’uomo.

Tenere i crostacei vivi sul ghiaccio, o con le chele legate, costituisce un reato. Lo ha stabilito lo scorso gennaio la Corte di Cassazione, dichiarando inammissibile il ricorso presentato da un ristoratore di Campi Bisenzio (FI), condannato cinque anni fa dal tribunale di Firenze, che gli aveva inflitto un’ammenda di cinquemila euro, per maltrattamento per avere detenuto crostacei in condizioni di grave sofferenza.

Qualche giorno fa, ossia il 17 giugno, la Suprema Corte ha depositato le motivazioni della sentenza, in cui si afferma che la detenzione di crostacei secondo modalità per loro produttive di gravi sofferenze costituisce un reato dal momento che, come hanno dimostrato diversi studi scientifici, i crostacei sono esseri senzienti, in grado di provare dolore. Nella sentenza i giudici di legittimità hanno sottolineato che, vivendo tali animali in acque a temperature alte, è opportuno che vengano “tenuti in acquari a temperatura ed ossigenati”, e con le chele libere.

Articolo pubblicato su Libero il 25 giugno del 2017

libro ali di burro

Il primo libro di Azzurra Barbuto
A 10 anni dalla prima edizione, la seconda è ora disponibile su Amazon in tutte le versioni

Acquistalo su Amazon