Il politically correct non sembra avere preso il sopravvento sul buonsenso soltanto in Italia, bensì in tutto l’opulento mondo occidentale, afflitto da un ottuso senso di colpa nonché dalla smania di apparire (più che essere) perbene, adeguandosi ad un conformismo ideologico che non lascia scampo: o sei dentro o sei tagliato fuori. Irrimediabilmente.

Accade pure in quella Germania, ossessionata dal suo ingombrante passato, dove – come ci ha raccontato il corrispondente da Berlino del quotidiano Italia Oggi, Roberto Giardina – bizzarri quesiti talvolta vengono posti ad un giornale di Monaco da parte di lettori confusi sulla condotta più opportuna da adottare in diverse circostanze. Una madre, ad esempio, si è rivolta a Johanna Adorjan, che cura la rubrica “Una buona domanda”, al fine di conoscere quale sia la bambola più idonea da regalare alla sua bambina allo scopo di scongiurare il pericolo che la piccola diventi razzista. L’ansiosa signora infatti ha un dubbio: non sarebbe il caso di donare alle figlie bamboline nere anziché bianche per evitare che il germe della xenofobia si insinui nel loro angelico animo, corrompendole per sempre?

Sì, lo sappiamo: ci sarebbe da ridere. O forse da piangere. Vedete un po’ voi. Certo è che la coraggiosa esperta non si è scomposta e ha fornito la sua opinione in barba al culto imperante del politicamente corretto. Secondo Johanna, non ci si trasforma in novelli Hitler poiché si gioca con la Barbie bianca né i nostri pargoletti rischiano danni psicologici per questo. La donna ha infine aggiunto che sarebbe preferibile che la madre consentisse alla bimba di scegliere da sola in negozio quale pupazzo portare a casa, in assoluta libertà.

Imputare ai balocchi certe responsabilità, del resto, sarebbe da cretini. La loro funzione è essenzialmente quella di fare compagnia ai bambini nonché di divertirli e altresì di permettere loro di proiettare su quell’oggetto, tanto amato, la soddisfazione di un bisogno di sicurezza, che non può essere costantemente appagato dall’abbraccio di babbo e mamma. Non che i giocattoli non possano essere educativi. A giudizio di Einstein, si apprende soprattutto mediante il gioco, mica annoiandosi, tuttavia è da escludere l’ipotesi stramba che non disporre di un Cicciobello color cioccolato renda intolleranti nei confronti degli individui dalla pigmentazione scura.

Sarebbe già un gran bel risultato se la fanciulla, un domani, non assumesse la stessa posizione genuflessa della genitrice nei confronti del pensiero dominante, che si sentisse libera di regalare a sua figlia una bambola nera oppure bianca – chissenefrega –, che non avvertisse in maniera così soffocante il peso del giudizio sociale, tanto da richiedere indicazioni ed eventuali assoluzioni per il timore di non corrispondere a taluni imperativi sociali. Forse ciò che di più prezioso possiamo trasmettere e lasciare in eredità ai nostri discendenti è un bene imperituro, che non si rompe e non si sgualcisce, ossia l’amore per la libertà. Chi ama la libertà non può essere razzista né si interroga se qualcosa di inanimato, come un balocco, possa essere ideologicamente nocivo, istigando alla discriminazione.

Negli Stati Uniti le cose non vanno meglio. Alcuni colossal del cinema, come la pellicola “Via col vento”, sono stati censurati in quanto etichettati come esplicitamente razzistici. A Hollywood sono state inserite le quote etniche nei film. Le statue di Cristoforo Colombo, considerato ingiustamente il padre dello schiavismo, sono state abbattute. Si vorrebbe cancellare con la gomma o con un colpo di spugna la storia intera. Non è un segno di evoluzione e progresso. Del nostro passato, che rappresenta le nostre stesse radici, possiamo non andare fieri, eppure non rigettarlo è l’unica maniera che ci resta per non compiere mai più determinati errori. Esso, che ci piaccia o meno, fa parte di noi.

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