“La moda riflette sempre i tempi in cui vive”, sosteneva Coco Chanel. E deve essere vero dato che questa estate sulle spiagge è boom di culotte, indumento che copre del tutto fianchi, pancia e glutei e sostituisce i succinti slip che per lustri non hanno lasciato spazio all’immaginazione bensì troppa carne al vento.

Strana coincidenza: il governo ci ha messi in mutande e tornano in voga i mutandoni della nonna, comodi sì ma soprattutto utili, poiché dopo mesi trascorsi sigillate in casa impegnate in una spola permanente tra il frigorifero e il divano con qualche rotolino facciamo i conti un po’ tutte. Ora possiamo mascherarlo sotto la vita alta e risultare comunque à la page.

La controindicazione tuttavia non manca: si rischia un’abbronzatura a strisce pedonali, dato che buona parte del fisico resta nascosta. E per le fanatiche della tintarella totale non è un bel vedere in camera da letto.

La culotte non ci ricorda soltanto le dive degli anni Cinquanta e Sessanta, le quali con incedere da dea e tacchi rigorosamente a stiletto raggiungevano il bagnasciuga prorompenti nei loro bikini casti eppure sensuali, ma anche i sans culotte, ossia “i senza mutande”, rivoluzionari francesi che, a differenza degli aristocratici, se ne andavano a zonzo senza biancheria intima, allora un lusso alla portata soltanto dei ricconi. E chissà che a settembre, deposti i costumi da bagno negli armadi, pure gli italiani, rimasti in mutande, non diano il via alla rivoluzione. Chi vivrà vedrà. Adesso tanto vale infilare il due pezzi e correre al mare, ché tanto per cambiare il mondo c’è sempre tempo, così la pensano gli italiani.

In effetti, l’estate 2020 segnerà un pochino un ritorno al passato: riscopriremo le classiche ferie in Italia, rinunciando alle mete esotiche e pure alle classiche destinazioni estive, quelle più gettonate dai giovani, come Ibiza e Formentera, per ragioni di sicurezza. Ricominceremo a viaggiare molto di più in automobile, evitando gli arei per paura del rischio di contagio.

Ed eccoci come per magia negli anni lieti del boom economico, sebbene oggigiorno siamo tutti squattrinati e le prospettive rosee per il futuro hanno lasciato il posto ad un orizzonte caliginoso. Insomma, di quei decenni dorati, tirando le somme, non ci resta forse che la culotte. Riesumata ora con quel senso di dolce nostalgia con il quale si ripescano dalla soffitta antichi cimeli che ci riportano ad un vissuto tanto più caro quanto più ci appare lontano. Irraggiungibile.

I mutandoni rappresentano la nostra brama di semplicità, genuinità e castità. La riscoperta di sentimenti antichi nonché di una femminilità quasi pudica, sepolta da troppo tempo, la quale si fa spogliare nell’alcova e non si consegna allo sguardo depravato di chiunque. E simboleggiano altresì il rifiuto dell’ostentazione a tutti i costi: non tutto ciò che si possiede deve essere esposto. Tanto meglio è celare. Almeno le parti intime, segrete per natura.

La seduzione, del resto, è fatta soprattutto di mistero. Ovidio, duemila anni fa, suggeriva alle signore di non scoprire troppa pelle. “Una spalla nuda suscita voglia di riempire quella parte di baci”, scriveva il poeta latino nel terzo libro della sua celebre opera “L’arte di amare”.

In particolare tra la fine del secolo scorso e l’inizio del nuovo millennio, complici pure i social network dove carichiamo autoscatti sempre più provocanti, abbiamo ribaltato il concetto di sensualità, ancorandolo all’obbligo di essere il più possibile nude e strizzate in abiti aderentissimi, che quasi impediscono di respirare, nonché alle pose artificiali, agli atteggiamenti esasperati, per nulla spontanei, persino volgari. Il risultato è una voluttà spinta all’eccesso, la quale finisce con il tracimare nel ridicolo. Magari la culotte rimetterà le cose al loro posto, cominciando dal fondoschiena nelle mutande.

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