La giornalista, nota per essere stata arrestata in Iran e detenuta in condizioni inumane, ha scritto questo post sui social: “Se bastasse non rispettare il Corano per essere impiccati avrebbero impiccato metà della popolazione. Impiccano tre iraniani al giorno, ma a Teheran ci sono comunque più rave che a Roma. Ci sono centinaia di migliaia di donne che non indossano il velo. Le moschee il venerdì sono piuttosto vuote rispetto a buona parte delle capitali del mondo musulmano. La droga è molto più facile da trovare del gin, ma si trova agilmente anche il gin. In Iran il 70 per cento dei laureati nelle materie Stem (Science, Technology, Engineering and Maathematics) sono donbne: in Italia la percentuale scende al 22. Le donne iraniane pilotano gli arei e dirigono facoltà di Immunologia. La realtà che vive la popolazione è molto diversa da quella che gli ayatollah vorrebbero, gli iraniani si divertono quanto noi, forse più di noi – accettano il rischio di pagare un prezzo altissimo per farlo. Alcuni muoiono impiccati, ma tanti, milioni, continuano a pensare che correre il rischio ne valga la pena. La civiltà persiana ha esportato lo spazzolino da denti nel mondo qualche millennio fa, quando l’occidente andava ancora a dormire con un buffet per batteri nella bocca: sentir parlare di “medioevo” è grottesco, è un abisso di ignoranza. E soltanto qualcuno sprovvisto di capacità cognitive, o qualcuno su X, può scambiare questo discorso per una difesa di Khamenei”.

Quello di Cecilia Sala è relativismo cinico travestito da giornalismo d’avanguardia. Non è solo l’accostamento delle impiccagioni quotidiane ai rave party a stridere. Quel “ma” introduttivo è un po’ come dire “beh, sì, vengono violati i diritti umani ma il clima è fantastico e si balla più che a Roma” e quasi si vorrebbe insinuare che in Iran ci siano più libertà che in Italia, perché a Teheran hanno luogo più rave.

Peccato che il vero problema non sia neppure nel numero di morti, che pure è impressionante, ma nel principio che autorizza ad impiccare per un codice religioso.

Il post di Sala tenta maldestramente di normalizzare l’orrore di un regime islamico raccontandoci quanto siano fighi i giovani iraniani sotto dittatura, i quali bevono e si drogano facilmente, non sono obbligati a frequentare la moschea ma liberi di sballarsi, e che l’Iran è un Paese evoluto dove le donne studiano e guidano gli aerei, altro che Occidente, oppresso dal patriarcato, che produce discriminazioni sul lavoro e femminicidi!

Sala sminuisce l’applicazione della sharia dicendoci che “se bastasse non rispettare il Corano per essere impiccati, metà della popolazione sarebbe stata già impiccata”. Insomma, l’Iran, a giudizio di Cecilia, non è poi così rigido, considerato che metà della popolazione non rispetta il Corano e il regime è così magnanimo da lasciarla vivere. E questo ce lo spiega una donna arrestata e detenuta in condizioni disumane dal medesimo regime per avere violato le leggi coraniche. E neppure le fu comunicato a quali leggi precisamente ella avesse contravvenuto.

Quelle di Sala sono chiacchiere da bar, travestire da argomentazioni edotte poiché ella sottolinea di esserci stata nel Paese, che quindi lei, al contrario di tutti gli altri, sa. Sì, eppure dimentica di essere stata arrestata. Peraltro Sala ha dimostrato già di essere poco capace di interpretare e comprendere quello che vede, di essere abbastanza sprovveduta. E ora mistifica pure la verità, il dato, il fatto, anzi, peggio, molto peggio, lo strumentalizza per fare passare l’idea che in Iran si viva bene e che sia lo Stato delle libertà. Come se l’unità di misura della garanzia della libertà fossero il DJ set, i chilogrammi di cocaina disponibili o i litri di alcol reperibili.

E lo fa, ad esempio, quando scrive che ci sono tante donne senza velo e che la maggioranza dei laureati è composta da donne. Vero. Ma questo non è un segno di evoluzione, bensì di resistenza. E quelle stesse donne, che pure possono studiare, vengono torturate, bastonate, stuprate, internate, fatte passare per pazze, arrestate, ammazzate se osano ribellarsi. Perché non dirlo?

Sala si fa confondere dal fumo negli occhi, si ferma alla superficie, si conferma ella stessa ricettiva alla propaganda islamica che distorce la verità.

Cara Cecilia, l’Iran non è un’isola felice di tolleranza, in cui “sì, avvengono torture e impiccagioni, ma si fa festa a base di alcol e droghe”. La tua narrazione di apparente progresso, costruita sulla base di dati parziali per edulcorare l’orrore e trasformalo in seducente complessità, è falsa e funzionale alla narrativa che proprio quel feroce regime ha interesse a veicolare.
E noi siamo stanchi di questa gente che cerca di assolvere le autarchie islamiche tentando addirittura di presentare certi Paesi quali luoghi incompresi in cui si gode di maggiore libertà che in Italia.
Siamo stanchi delle bandierine palestinesi sventolate ovunque.
Siamo stanchi dei giornalisti sedotti dalla propaganda islamica, funzionale alla linea estetica di questi regimi del terrore.
Siamo stanchi di chi vuole persuaderci che certi Paesi canaglia siano vittime dell’Occidente, che non ne comprenderebbe cultura e fascino.
L’Iran è una prigione e chi prova a raccontarcelo come una discoteca progressista o è un coglione o è un irresponsabile. A volte, però, sia coglione che irresponsabile.

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