Avrei compreso le aggressioni verbali che ho subito tra ieri ed oggi, le minacce, gli insulti, le offese, se avessi affermato parole inaccettabili come “questa madre non soffre per la perdita del suo bambino”, “è indegna”, “è un mostro”, e schifezze simili, che mai mi permetterei di esprimere: tale linguaggio non mi appartiene. Non ho detto che questa mamma è ignobile, snaturata, criminale. Ho solo fatto presente che non è corretto che la stampa presenti i fatti facendo del pietismo facile e persino dannoso. Ecco il mio post incriminato: “Corriere della Sera. “Ho perso il mio piccolo”, l’urlo della madre”. Hai perso il tuo piccolo, 6 mesi, perché lo hai buttato su un gommone con un centinaio e più di persone ammassate una sull’altra, in autunno inoltrato, con il freddo e il mare grosso”. Sottoscrivo tutto, parola per parola, non una ma un milione e poi ancora un milione di volte, sebbene molti mi abbiano invitata a cancellare e ritirare quello che ho scritto. Mai lo farei poiché io sono convinta di ciò che ho digitato su Twitter.
Ripeto questa ovvietà, per la quale sono stata posta al rogo: un genitore è responsabile del figlio che ha dato alla luce. Quando un padre o una madre carica un neonato, che non è in grado di autodeterminarsi, su un gommone pronto a dirigersi in alto mare, in pieno autunno, sfidando la sorte, sta mettendo in pericolo l’esistenza di quel figlio e non si può sostenere che lo faccia per salvargli la pelle o regalargli un futuro migliore. Questa presunzione non sgrava la genitrice delle sue responsabilità.
Su questa madre, la quale senza dubbio soffre e purtroppo si porterà da qui in avanti un profondo e inestinguibile senso di colpa, grava una COLPA COSCIENTE: ella era perfettamente consapevole dei rischi a cui esponeva il piccolo, tuttavia ha voluto rischiare tutto, pure la pelle del neonato. Il quale, va sottolineato mille volte, ha fatto una morte terribile: in acque profonde e gelide, senza difese, senza qualcuno che lo proteggesse, lo tenesse al caldo e all’asciutto. In una parola, al sicuro.
Io non smetto di pensare a questo neonato, agli ultimi dolorosi momenti che ha vissuto, e si era appena affacciato alla vita. Che questo piaccia o meno, i genitori, mamma o babbo che sia, sono responsabili di quanto è accaduto, perché se non è responsabile di questo genere di eventi un genitore, chi diavolo dovrebbe esserlo? Forse nessuno?
Piangere ed urlare dopo che la tragedia è avvenuta non serve a nulla. E anche fare vittimismo, come se l’evento fosse stato imprevisto e imprevedibile, per me è fuori luogo oltre che di pessimo gusto. Sarebbe più opportuno assumersi le proprie responsabilità. Per salvarsi la vita (questa è la motivazione addotta dai buonisti che pretendono di farmi la morale e mi augurano di perdere il mio neonato se mai diventerò madre e di avere un tumore al cervello e cose simili) non ci si espone al pericolo concreto di perderla e addirittura di toglierla alla propria creatura.
Brutta e crudele questa verità? Sì, lo è, ma ficchiamoci tutti in testa che la verità non deve per forza essere bella. Anzi, quasi mai lo è.